Paginetta per i catechisti: COME DIPINGERE UN CAPOLAVORO!
TITOLO: COME DIPINGERE UN CAPOLAVORO! Carissimi catechisti/e, fratelli e sorelle, cerco di entrare nell’animo di un pittore che si accinge a riportare su carta o stoffa con matite, pennelli e colori un prodigio della creazione: egli avverte certamente il peso dei suoi limiti, il senso profondo della sua pochezza e la fatica di rendere in opera d’arte quanto il cuore sente e gli occhi contemplano. Io non sono mai stato bravo a disegnare, purtroppo non lo sono neanche adesso e dinanzi a Maria, guardata nel mistero della sua Assunzione in cielo, avverto con consapevolezza che anche le parole nel procedere dello scrivere sembrano “farfugliare”: allora mi fermo? Ma no, procedo? E se, per sano ardore del cuore decidendo di proseguire, fossi tentato di “imitare” almeno un poco tale capolavoro di Dio? Scusate: ma l’Eterno Padre ce lo dona per sentirci solo frustrati e umiliati da tutta la nostra inadeguatezza, lasciandoci, come pesci di un lago prosciugato, a “sguazzare” fino alla morte nel nostro fango oppure per risalire la china lungo i sentieri della speranza, nel percorso della luce e della bellezza? E se oggi scoprissimo, come per magia, di essere vocati con la vita, tutti e tutte, a ridipingere in noi il capolavoro per eccellenza? “La voglio rivedere in te”! Un’intraprendente, fino alle soglie della sfacciataggine, Chiara Lubich tale voce sente uscire dal tabernacolo, per lei che osava intimamente chiederne del capolavoro una presenza più viva in mezzo alla povera umanità. Carissimi e carissime, non vi tirate indietro, vi prego da fratello, non vi scoraggiate, sentendo che l’impresa è ardua; non tirate un sospiro profondo, schiacciati dal peso di un compito talmente gravoso, da essere ritenuto impossibile. Oggi, carissimi e carissime, a finire sotto torchio è il concetto di “destino”: quale è veramente il nostro? Unicamente polvere per colazione, per pranzo e per cena e basta? Nulla più? Possibile mai che il cielo ci sia precluso per sempre? Oppure potremmo sperare che sprazzi di luce e di bellezza divina attraversino, come nel capolavoro, anche la nostra esistenza? E quale è il nostro destino comune invece? Posti dal peccato in uno stato di inimicizia, soltanto tale, fatalmente, sarà il colore di questi nostri giorni sulla terra? Ripercorrendo le orme del capolavoro potremmo nutrire la speranza di rivedere in noi la sua bellezza declinata in sentimenti e gesti di viva umanità e fraternità? E come la sua, anche la nostra presenza, può essere per i compagni di via una benedizione materna? Ancora mi domando: quale è il nostro destino con Dio? Solo squallida ed mortificante nudità, per sempre? E se questa bozza di accennato e grigio disegno potesse, invece, aspirare di rivestirsi dei “suoi sgargianti colori”? E se in compagnia dell’Amica e Sorella, potessimo sperare che l’umano e spoglio inverno si traduca in noi nell’Eterna Primavera di Dio? Grazie, perenne fioraia di Dio, Maria, perché hai rivestito i prati della terra dei fiori unici e belli della speranza, anche i giardini vicino alle povere case dei peccatori come me; anzi proprio lì, vicino alle abitazioni dei “casi più pesanti” vedo che ne hai sparsi di più, a larghe mani, proprio divertendoti e senza mai pentirti; anzi, gentilissima operaia del cielo, visto che ci siamo, quando ti accorgi che si stanno appassendo e che non riusciamo più a farli rivitalizzare, per favore non lesinare sforzi per piantarne altri, ancora più belli e più forti di quelli di prima; sai, presso le nostre povere case di peccatori, non abbiamo altre bellezze ed io spero, come pellegrino e fratello, che non manchi mai ogni segno di bene, ma se proprio qualcosa deve venir meno, che mai siamo privi di questi bellissimi fiori. Grazie, Eternità datrice di capolavori, che ci hai regalato quello più bello: con lei so che anche io ho speranza di voltare in bellezza il mio destino, altrimenti di polvere, inimicizia e nudità.
Don Luigi, servo di una casa piena di fiori