Paginetta per i catechisti: COME L’OCCHIO UMANO
Carissimi/e catechisti/e, oggi voglio sorprendervi: non lezioni sportive, ma semplicemente ravvivo alla vostra memoria alcune semplici nozioni di biologia; sapete, infatti, certamente meglio di me, come funziona l’occhio umano: esso riceve la luce esterna attraverso la pupilla e poi, nel passaggio della stessa per il cristallino, la trasmette sulla retina capovolgendola. Il nostro cervello, a sua volta, la riceve per mezzo del nervo ottico rielaborandola nel senso esatto: insomma la vista è un gioco meraviglioso e stupefacente di capovolgimenti! Il capovolgimento, quindi, carissimi e carissime, mi sembra la chiave di volta anche della liturgia della Parola di questa ventiseiesima Domenica del tempo ordinario, in quanto è il contenuto fondamentale, la lieta notizia da accogliere a cuore aperto: la tristezza e le lacrime dei poveri e degli oppressi, secondo la promessa di Gesù, si cambieranno in gioia e pace, come le risate gaudenti e irritanti dei superbi si cambieranno in pene eterne e irrevocabili, per il Giudizio serio e severo di Dio. Ci sarà un mondo nuovo, oggi il Vangelo ce lo annuncia a chiare lettere: ci crediamo? E per questo, attendiamo? L’attesa del mondo nuovo siamo chiamati e chiamate ad alimentarla con l’ascolto della Parola, che sola può “scatenare” un sano processo di conversione dei cuori; la Parola anima la nostra fede, che è la Luce viva nel pellegrinaggio tra le oscurità di questo mondo. Noi però, intanto, non possiamo starcene con le mani conserte: Dio Padre, infatti, ha posto l’uomo nel mondo, perché collabori in unità di intenti con Lui e si impegni senza fiacca, per quanto sta nelle sue responsabilità, senza armi o violenze, a instaurare sulla terra la giustizia e la ripartizione equa dei beni. Noi non cediamo neanche di un millimetro da quelli che possono costituire i nostri compiti e i nostri doveri su questo pianeta, specialmente oggi in riferimento al Creato e la Parola o la fede non ci stimolano affatto ad addormentarci e a gozzovigliare; invece, quella che nasce dalla Parola è un’umanità nuova, che vigila, che è attenta ai poveri, che pur “godendo” e usando dei beni di questo mondo, non chiude gli occhi davanti alle povertà e alle lacrime dei più poveri e diseredati, aprendo braccia e cuori. Dio Padre non ci può chiamare mai a far finta di non vedere o a non renderci conto del mondo e delle povertà, nelle quali siamo immersi; “mi sta a cuore”! Chi non conosce questa espressione? Carissimi e carissime, non possiamo chiuderci, quindi, in un mondo ovattato, e pensare che non ci riguarda o che sempre solo gli altri sono chiamati ad alzarsi da tavola per servire, perché la campana suona per loro. Aprire gli occhi alle povertà, che pure si stanno trasformando e ci provocano come catechisti e catechiste! Carissimi e carissime, quanta solitudine sta generando la società del fuggi e fuggi! Quanta solitudine “partorisce” la cultura del mordi e mordi! Il fuggi e fuggi: pochi oggi sono disposti a perdere un po’ di tempo per ascoltare e quei pochi, noi sacerdoti in primis, sembriamo essere stati messi fuori dai giochi di potere. Il mordi e mordi: voi mamme, più di me, vi rendete conto, attraverso i loro occhi, della solitudine che vivono i figli di quelle famiglie dove si soffre silenziosamente di lacerazioni e divisioni! Chi consola e dà speranza a questi piccoli figli di Dio? Eccomi, manda me! Siamo da compiangere però, carissimi e carissime, se poggiamo tutta la nostra speranza solo in questo mondo e se non sappiamo neanche noi alzare lo sguardo e testimoniare, dicendo con speranza: lottiamo, solo interiormente ancora, stringiamo i denti, attendiamo, facciamoci compagnia nella Chiesa, ci sarà l’alba nuova piena di sole; le parole di Gesù non sono chiacchiere e laddove noi soffriamo umiliazioni o facciamo cammino con chi soffre ingiustizie, ad opera di chi con superbia e arroganza si appropria di poteri non suoi, alimentiamo la speranza, invitiamo a non demordere e a non mollare la nostra presa dalla sponda dell’umiltà, della testimonianza silenziosa e incompresa, della mitezza dolce, del perdono strabiliante e sconvolgente: lo so, siamo tentati anche noi di farci giustizia da soli e farcela a modo nostro: ne saremmo maestri! Niente, niente, le armi del Vangelo non sono affatto quelle del mondo e ottengono i loro risultati con efficacia divina in tempi che noi non possiamo regolare o manovrare: Dio Padre ha l’orologio della storia umana e della storia della salvezza in mano e sa Lui solo come ritmare i tempi e le ore, le vicende e le questioni. Questo Vangelo, con l’aiuto della Prima Lettura, mi sembra un durissimo attacco ai nostri sempre vivi tentacoli, che ci portano a costruire i palazzi della superbia umana: solo alla fine della vicenda di una vita, nella continuità della vita seconda, quella Battesimale o Eterna, si scoperchieranno le pentole e i veli dalle madie, e come nell’occhio umano si ribalterà tutto.
don Luigi