Paginetta per i catechisti: COME E’ BUONO! CE N’E’ ANCORA?
TITOLO: COME E’ BUONO! CE N’E’ ANCORA?: Carissimi/e catechisti/e, fratelli e sorelle,sono sicurissimo che in questi giorni di Natale, stando anche più tempo a casa, voi “sante” mamme vi sarete sbizzarrite a preparare tante delizie e leccornie da far leccare i baffi a grandi e piccini: poi la cucina e la pasticceria di questo santo tempo è così ricca e fantasiosa! Allora, accingendomi al commento di questa seconda domenica di Natale, ho immaginato la consueta scena che si sarà verificata in sala da pranzo, e cioè quella della tenera e struggente richiesta di qualche fanciullo e non solo, di un altro poco di dolce, o di un’altra zeppola, mentre voi “fate finta” di ammonirli a non esagerare, perché hanno già” dato”. Ecco, già a questo punto, brutalmente chiedo: perché noi oggi dovremmo dire, don Luigi, ma questo Vangelo l’abbiamo già ascoltato a Natale: non ci basta? Qual è la novità? Ma allora, scrivo io, purtroppo non abbiamo gustato quanto è buono il Signore? Perché non c’è rimasta l’acquolina nell’anima da volerne ancora? Capite bene, carissimi ecarissime, che questa domenica è un giorno liturgico quanto mai provocatorio e rivelatore; sì, io così lo vedo e mi spiego: provocatore per le nostre stanchezze e sufficienze spirituali, per cui diciamo a noi stessi, o alle campane che suonano anche oggi o a qualcuno che, timidamente, ci stimola ad andare e partecipare: “ho già dato, non basta?” Chiaramente mostrando che, forse, sterilmente, abbiamo compiuto il nostro dovere o assolto il nostro obbligo (annuale?) ed ora la Santa Madre Chiesa, quasi, deve darci Lei qualcosa a noi,senza “pretendere” più nulla; ma dalla creazione di stimoli interiori, perché come i nostri fanciulli abbiamo gustato, assaporando “il Bello ed il Buono” della “Mamma e del Papà”,purtroppo siamo ancora lontani! Perché infatti rimane il desiderio nello stomaco dopo il buon struffolo e non quello dopo la Santa Parola nell’anima? Non chiedetemi la risposta per favore, quanto più se poi dovessi farlo da solo mentre scrivo; inoltre se ve la donassi come una ricetta medica mi sarei dimostrato solo un “saputello” e non avrei per niente assolto al mio compito, e cioè quello di “accendere cammini”. Poi capite bene che, siccome qui si varca la soglia santa delle anime, entriamo in un terreno un po’ insidioso e innanzitutto facciamo benissimo se come Mosè ci togliamo i calzari davanti al Fuoco rivelatore di Dio. Affido, però, a me e a nvoi, la vocazione della mamma: preparare pietanze e dolci buoni e belli che attirano e spingono i nostri figli a dirci, quasi lamentandosi: “Ce n’é ancora? Ne voglio un altro, dai!” Poi mi resta solo di inginocchiarmi e invocare lo Spirito, perché Lui crei nelle stanzette intime dove nessuno di noi può entrare, fuochi ardenti di desideri santi, stimoli puri e belli a cercare di mangiare ancora, perché abbiamo”gustato e veduto come è buono il Signore” (Salmo 33)! In alto scrivevo che questa domenica come giorno liturgico è anche rivelatore: sì, perché ci fa conoscere, secondo me, come in realtà noi ci avviciniamo al Mistero, denunciandone gli approcci; infatti quando ci sediamo alla Mensa solo con la testa, magari facciamo una bella foto, poi la postiamo o la inoltriamo, siamo colpiti dalle luci, dagli odori o dai suoni, ma non mangiamo, perché, come ci ricordava Benigni in un passaggio del commento in TV ai dieci Comandamenti, “con la testa non si mangia”; e rimaniamo in superficie: cercheremo ancora sì, ma nuovi e diversi spettacoli; se invece ci accostiamo al Mistero anche e soprattutto con il cuore per mangiare con la bocca e facciamo scendere nelle anime i gusti ed i sapori “leccandoci i baffi”, con l’intento di non perdere nessuna briciola,allora non desideriamo altro, perché quello che abbiamo assaggiato è buonissimo ed alla Santa Mamma Chiesa diciamo: come è buono, c’è né ancora?
La prima lettura oggi ci parla della Sapienza: non entro nel commento teologico di questo bellissimo brano biblico, ma scrivo soltanto che anche a tavola possiamo stare sapendo, cioè facendo valere di più in noi e nelle nostre anime il valore di una della radici del termine che è “sàpere” e cioè gustare, assaporare con compiacenza e desiderio di languore. Per questo spero che, come i nostri fanciulli, e non solo, non dicono mai alla mamma che quel buon dolce l’hanno già mangiato l’anno precedente, così anche noi accostandoci ai dolci testi Sacri sappiamo conoscere e gustare con rinnovate orecchie del cuore la lettera che Lui scrive come ad amici e figli. Oggi proprio torniamocene a casa, dopo l’ascolto, con una convinzione più profonda del cuore che siamo suoi figli e sue figlie e che Lui non ha scherzato con noi quando si è fatto uomo, né in alcun modo ha fatto finta di assumere una natura umana con tuttoil suo apparato di bellezza e di debolezza; e perché lo ha fatto, mi direste? Soloper andare a cercare anche l’ultima pecorella perduta e portare anche lei all’ovile della Grazia, della vita nuova e del Paradiso; lo ha fatto ancora perché, io stesso, se da una parte creda di essere una semplice creatura amata, nelle mani del Creatore, dall’altra possa sàpere con convinzione di fede di avere ricevuto per sempre la veste festiva di Figlio di Dio: ricordate? “Presto, portate qui (a questo figlio) il vestitopiù bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi” ( Luca 15,22). Don Luigi, servo che gusta, desidera e lavora