2021 9 Luglio 2022: 1 Anniversario della Cittadella della Carità
Lettera del Direttore
in Occasione del 1 Anniversario della Cittadella della Carità S. Teresa di Calcutta
“Ricordati di tutto il cammino!” (Dt 8,2)
Sembra ieri invece è già trascorso un anno! Si, la nostra Cittadella della Carità “S. Teresa di Calcutta” accende la sua prima candelina di vita: tante difficoltà per la progettazione, la realizzazione, l’avvio e il cambio di azione condito da infinito amore in questi primi 365 giorni di vita, accoglienza, novità e condivisione.
“Ricordati di tutto il cammino”. Il breve passo del capitolo 8 del libro del Deuteronomio diventa, in questo primo anniversario, la bussola per calibrare il cammino della nostra Chiesa diocesana e del regale servizio ai meno fortunati. Il Signore conosce la nostra fatica. Pensieri, attese, peccati, conquiste, impegni… ci viene incontro come colui che ha accompagnato il nostro cammino. Non dobbiamo avvicinarci e spiegargli, perché ci è già vicino e conosce. Ciò che occorre in realtà è che noi prendiamo coscienza di noi stessi.
La stanchezza della fatica che il Signore conosce può annebbiare la mente e appesantire il cuore fino al punto di non sapere (o almeno di non percepire) più bene chi siamo e dove siamo. Ma non è bene proseguire così; perciò, in questo tempo di memoria, ci fermeremo sulla capacità di percepire la sua presenza e, con calma, comprendere che questo è l’unico aspetto fondamentale. Spesso più che aggiungere qualcosa o mettere in rilievo qualche particolare, abbiamo bisogno di fare il punto, di fermarci per guardarci attorno e dentro per riprendere pieno contatto con la realtà attorno a noi e in noi.
Sappiamo bene che la nostra fede è un’attesa, ci proietta sul futuro e alla luce del futuro trasforma profondamente l’oggi. Tutto ciò si basa sul ricordo, sulla memoria. Abramo parte dalla terra degli idoli alla ricerca di una memoria perduta, la memoria di un Dio unico e amico che dialoga con Adamo nel giardino, che promette di non distruggere la terra. Dopo, ci sarà la memoria dei Patriarchi, per sostenere nel nome del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Questa memoria risvegliata fa compiere al popolo il passo di uscire dall’Egitto e attraversare il mare. E anche questo diventerà oggetto di memoria; l’Esodo fonderà la speranza e gli impegni, darà identità a intere generazioni. Esodo, patto, esilio… fino a Gesù, il quale lasciandoci dona il gesto supremo della memoria: “Fate questo in memoria di me”.
Questo “fare memoria”, che prima poteva sembrare solo un motivare, risvegliando energie e speranze (per quanto forti ed efficaci) ora è chiaramente un cancellare il tempo e lo spazio per renderci presenti all’evento della nostra salvezza, per farcene partecipi qui e ora, così come lo furono gli apostoli. Un “fare memoria” di popolo, collettivo, sui grandi avvenimenti della nostra salvezza ci dà identità e forma la nostra fede. Non occorre fare memoria di un corpo inanimato o di una semplice struttura ma di uno stile e di un servizio che rendano sempre più bello l’annuncio concreto del Vangelo, permettendo l’espandersi del profumo del Crisma e ristabilendo dignità di tutti. Il Vangelo va annunciato con la testimonianza, non con gli argomenti né tanto meno il proselitismo o, peggio ancora, dall’egocentrismo di falsi profeti di carità.
Gesù, ricorda Papa Francesco, ci ha lasciato un esempio di testimonianza: quell’uomo, che non era religioso, [il buon samaritano, Luca cap. 10] forse pensava di non essere religioso, non so, quell’uomo trova sulla strada uno che era ferito dai ladri, e se ne prende cura, lo porta alla locanda… È interessante: Gesù non riferisce parole dette da quest’uomo; soltanto dice che «ne ebbe compassione», che significa patire con. Lo prende, lo porta, parla coi locandieri, lo curano un po’ e dice: “Io devo andarmene, ma tra due giorni torno”. Dà due monete [al locandiere e dice]: “Se occorre qualcosa di più, pagherò”. Io penso: quel locandiere, cosa avrà pensato? Questo è un pazzo! Questa è la parola che vorrei sottolineare: pazzia. Pazzia d’amore, pazzia di aiutare, pazzia di condividere la propria vulnerabilità con i vulnerabili. Pazzia.
La Caritas quindi deve divenire il luogo della “pazzia”, lo spazio e il tempo dove il Vangelo si incarna e consente il cambiamento della persona nella sua totalità. Essa è il cuore pulsante del nostro territorio, in particolar modo, di questi ultimi anni colpiti prima dalla crisi economica, poi dalla pandemia da Covid-19, dalla guerra e dall’esodo dall’Ucraina. In tutti questi anni è rimasta accanto alle persone più povere, semplici, deboli, indifese e, grazie ad un’intuizione che nasce dal Concilio Vaticano II, è riuscita ad essere la carezza di Dio per tanti, per tutti. Nel 1980 anche la nostra diocesi accolse questa nuova forma pedagogica di vicinanza ai meno fortunati. Da allora, tutti i vari responsabili e direttori, hanno sempre individuato azioni ed interventi nell’incontro con le persone, con i più fragili, ma direi con tutti senza nessuna distinzione, perché l’azione della Carità è un camminare insieme, senza esclusione di nessuno così come ci sta aiutando a riflettere il Sinodo indetto da Papa Francesco.
Il cammino Sinodale che stiamo vivendo come Chiesa universale significa, per l’appunto, camminare assieme a Dio. In questo senso l’espressione Sinodo è identica a comunione-accoglienza: camminare assieme a Dio e camminare insieme verso Dio. Camminare assieme a Dio implica innanzitutto la nostra conoscenza di lui e della sua opera, entrare in rapporto con Lui e con la sua storia di Alleanza, con l’antico e il nuovo Patto, con la vita di Gesù, con la storia della Chiesa. Camminare assieme a Dio senza escludere nessuno e senza ritrosie vuol dire conoscerlo, amarlo, chiamare tutti a questa Alleanza. Dio è il grande sconosciuto del nostro tempo. Percorrere un cammino sinodale significa conoscere Dio attraverso la preghiera, i sacramenti, la meditazione della sua Parola, di quella dei Padri della Chiesa e dei padri spirituali e l’azione della vera carità nel servizio agli ultimi. Conoscere Dio attraverso tutti i fratelli: non dobbiamo mai dimenticare che la Chiesa è la Trinità nel tempo. Camminare insieme in questo tempo pertanto diventa ancora di più memoria di quanto di buono fatto, realizzato e condiviso.
La nascita della Cittadella della Carità è, come ha sottolineato Papa Francesco ricordandoci la parabola del buon Samaritano, quel dare qualcosa di più uscendo fuori dalle solite logiche, dalle comodità o dalla paura che si ha dell’altro o del povero. Siamo chiamati ad essere “pazzi” di amore così come Dio stesso è “pazzo” di amore per ciascuno di noi. Oggi vogliamo contemplare tutto il cammino percorso, tutto ciò che ci ha permesso di essere giunti a questo punto e che, sorretti dall’azione dello Spirito Santo, ci proietta verso nuove mete.
Altro doveroso ringraziamento va all’Arcivescovo S.E. mons. Orazio Soricelli che ha creduto nel nostro progetto permettendo la realizzazione di questa significativa opera segno a favore di tutta la Chiesa diocesana. Grazie a Caritas Italiana che con i fondi dell’8xmille ha consentito i lavori di ristrutturazione, adeguamento e rendere ciò che oggi è la Cittadella. Grazie a tutti i volontari che, nel silenzio e con spirito di servizio, ogni giorno si impegnano nel dare un’anima a questo meraviglioso corpo. Grazie a tutti i benefattori che ci sono vicino e ci permettono di continuare a operare per essere la sentinella di tutto il nostro territorio.
In questo primo anniversario ringraziamo la SS. Trinità per quanto, in questo tempo, ha suscitato nei nostri cuori, nella nostra mente e per le “capacità” di non cadere nella comoda logica del “si è fatto sempre così”, “va bene così”… per le capacità di essere pazzi d’amore, di essere l’espressione della bontà di Dio in questo temo, per questo luogo e con queste persone.
don Francesco Della Monica
Direttore Caritas Diocesana e Migrantes Amalfi – Cava de’ Tirreni