Ufficio per la Pastorale della Salute “Dignitas Curae”
Dignitas Curae, modello sanitario che punta al bene integrale della persona.
Presentato il 25 gennaio di quest’anno a Roma, a Palazzo Montecitorio, il manifesto della Fondazione Dignitas Curae che intende promuovere cure mediche e una sanità che mettano al primo posto l’individuo.
Un progetto che vuole promuovere una medicina centrata sulla persona, che mira a cambiare il paradigma di cura coinvolgendo medici e infermieri, sensibilizzando la mentalità e la volontà dei cittadini, affinché al primo posto ci sia la dignità dell’essere umano, che, tra l’altro, si pone come obiettivo la riduzione delle liste di attesa per prestazioni ed esami e di limitare gli spostamenti fra strutture ospedaliere. Il documento è stato illustrato dal professor Massimo Massetti, responsabile dell’Area cardiovascolare e cardiochirurgica del Policlinico universitario “Agostino Gemelli” e presidente della Fondazione Dignitas Curae. Ad approfondirne i contenuti si sono susseguiti diversi interventi, fra i quali quello del ministro della Salute italiano Orazio Schillaci, che ha rilevato quanto importante sia salvaguardare la sostenibilità della salute e per far questo
occorre rendere l’assetto ospedaliero “resiliente e flessibile e quindi capace di rispondere ai nuovi driver epidemiologici e demografici”, rafforzando la “medicina territoriale, in un rapporto complementare all’ospedale. Senza dimenticare l’integrazione con i servizi sociali”. Non ci si deve limitare, quindi, “a curare l’evento patologico”, ha aggiunto Schillaci, ma è necessario prendersi “cura del paziente nella sua totalità. Si tratta di riorganizzare una sanità che deve essere centrata sul malato e non sulle malattie o sulle singole prestazioni sanitarie”. Schillaci ha rimarcato, inoltre, che bisogna tornare a guardare al paziente come ad una persona con il suo vissuto e che per questo è necessario il “contributo di tutti gli attori coinvolti nella rifondazione del sistema sanitario, nel rispetto delle differenze dei compiti e dei ruoli.
Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, ha aggiunto che “riconoscere e rispettare la persona è prima di tutto prendersi cura” e che “curare è indice di umanità e di promozione umana”. Ma è pure qualcosa da intendere “in senso integrale: non solo fisico ma altresì emotivo, spirituale, sociale, ambientale” ha specificato il porporato. La cura, tra l’altro, “non è data dalla somma delle prestazioni ma dalla presa in carico del paziente, in una relazione empatica di alleanza terapeutica” ed è inoltre “un diritto da riconoscere a tutti” ha proseguito Parolin, ricordando, come scrive Papa Francesco nell’enciclica Laudate Deum, che “non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone”, e ha affermato che il Manifesto Dignitas Curae è da apprezzare particolarmente proprio per “la sua incidenza prioritaria sul pensiero”.
Per troppo tempo, ha osservato don Angelelli, direttore dell’Ufficio di Pastorale per la salute Cei, “la rimozione della dimensione empatica nella formazione dei giovani sanitari ci ha illuso che il medico, ben distaccato dalla sofferenza del paziente, sarebbe stato più capace di razionalità scientifica. In realtà, oltre a non accogliere il malato e negandosi una piena relazione, il medico stesso ha smarrito il senso originale della sua scelta”. L’Italia, “ha un grande Servizio Sanitario Nazionale, che come ha ricordato il nostro Presidente della Repubblica ‘è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare’ , ma soffre di un mancato riconoscimento del lavoro svolto. C’è una differenza tra ‘essere curati’ e ‘sentirsi curati’, e questa sta nella qualità della relazione di cura, che non può essere soltanto diagnosi, terapia, trattamenti (e in questo siamo molto bravi), ma anche e soprattutto apertura di uno spazio empatico in cui si realizzi l’incontro di due persone, curante e curato.
Ufficio diocesano per la pastorale della salute.