Siamo servi inutili
Siamo servi inutili
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (2/10/2016)
Vangelo: Lc 16,19-31
Carissime catechiste e catechisti,
la Parola di questa domenica è la XXVII° del T.O. Ritengo che soprattutto la pagina del Vangelo oggi chiami fortemente in causa noi catechiste, perchè parla della fede e ci aiuta a capire il suo valore e la sua portata; noi catechisti, infatti, siamo educatori alla vita di fede. Mi viene in mente allora il valore dell’oro che vien posto nel crogiolo del fuoco per ottenere la sua lucentezza: la fede è come l’oro, la fede ha il valore dell’oro! Essa non ci mette cioè a lato dei problemi e dei vissuti belli o brutti della storia degli uomini, ma essa invece va vissuta dentro il fluire della storia, anche con i drammi che la possono caratterizzare; forse proprio essi ne esaltano la lucentezza! Essa non ci pone quindi in una campana di vetro, non ci evita le grandi domande che si pone il profeta nella prima lettura; ai nostri “perché” che coinvolgono soltanto la mente, col rischio di bloccarci nel cammino di fede, risponde invitandoci ad un’attesa, ad un’ascolto quasi mistico della storia stessa, ad andare al di là di quello che noi vediamo sul palcoscenico della vita, quando sembra dominata dal male e dal peccato. Attraversiamo la storia noi cristiani, quindi, assumendola nella sua interezza, ma con il cuore rivolto ad un ‘“altrove”, con un’attesa di giustizia che si attuerà “senza indugio”. Maria ci insegna! Forse “casca qui tante volte il nostro asino”, perché non sappiamo attendere , perché la nostra fede non è grande neanche quanto un granellino di senape, per cui anche davanti alle esigenze del Regno di Dio, come quella del perdono, andiamo in crisi, ci ribelliamo, rifiutiamo, smettiamo di camminare e ci lasciamo distrarre dalle mille luci della mondanità. La fede inoltre, ci dice Gesù nel Vangelo, non è staccata dal servizio che siamo chiamati a rendere al prossimo, non ci pone mai davanti al bivio o Dio o il prossimo: chi crede nel Dio di Gesù Cristo, cioè, sa che è chiamato a servire e non lo fa con lo spirito di un padrone, né di chi pretende ricompense o accampa particolari diritti o mette in difficoltà il suo datore di lavoro, facendo ricatti; lo spirito della vera fede ci spinge invece ad essere contenti di poter lavorare per un padrone così generoso, la ricompensa è tutta nella gioia di lavorare per Lui, di ricevere da Lui degli incarichi perché ha cura di noi, ci ama, ci conosce per nome, ha fiducia di noi, ci fa costruire un poco il suo Regno, ci prepara un banchetto nel Cielo, nel quale sarà Lui stesso a servirci dopo le fatiche in questo mondo. Che bello se io e voi potessimo concludere la nostra vita, potendo dire: ho fatto quello che il Signore mi ha chiamato a compiere; se non sbaglio, l’ha detto anche Lui sulla Croce: “tutto è compiuto!” Agerola, 1° ottobre 2016 don Luigi, vostro servo